Giappone – Lo stupore dei mille giardini: imparare a essere nella presenza

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E poi entro in un giardino giapponese e sento che non me ne vorrei mai andare… È stato un innamoramento a prima vista! Quando sei lì capisci davvero cosa vuol dire “stare nella presenza”, termine caro a noi che seguiamo la pratica meditativa. È facile in quel luogo, tutto ti guida alla osservazione non giudicante di quello che è dentro e fuori di te… davvero una esperienza di grande fascinazione.

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Stare nella presenza!

E poi entro in un giardino giapponese e sento che non me ne vorrei mai andare… È stato un innamoramento a prima vista! Quando sei lì capisci davvero cosa vuol dire “stare nella presenza”, termine caro a noi che seguiamo la pratica meditativa. È facile in quel luogo, tutto ti guida alla osservazione non giudicante di quello che è dentro e fuori di te… davvero una esperienza di grande fascinazione.

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Oltre al forte impatto emotivo quello che ho colto, visitando i numerosi giardini giapponesi, è che non hanno davvero niente a che fare con la nostra idea occidentale, e anche italiana, dei giardini come un luogo verde e fiorito in cui la natura si esprime rigogliosa e colorata: dobbiamo davvero aprire la mente ad altro se vogliamo godere della loro estetica.
Ho anche capito che, come per il Giappone in generale, se lo vuoi apprezzare lo devi prima studiare perché è tutto così ricco di simboli e significati complessi e meritano tutta la nostra attenzione.
Provo ora a raccontarvi quello che ho imparato, e non solo quello che ho visto.

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I giardini giapponesi

I giardini giapponesi si sono sviluppati in relazione ai castelli e alle stanze per la cerimonia del tè e nella loro costruzione vengono espresse in forma concreta le concezioni del gruppo buddhista della Terra Pura (Jodoshu) e del buddhismo Zen. Per esempio, l’onnipresente stagno rappresenta il mare attraverso cui si arriva al mondo ideale, il Nirvana..
Hanno tutti un’atmosfera straordinariamente quieta e raccolta, non si usano molti colori e le piante e le pietre sono “lasciate essere” nella loro forma naturale. Questa caratteristica esprime perfettamente la mentalità tradizionale dei giapponesi perché, come si vede chiaramente nella cerimonia del tè, loro ammirano la bellezza della natura nel suo stato originario senza dover aggiungere alcun intervento.

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Ovviamente i giardini sono progettati per cercare la bellezza ideale, ma l’intervento umano non altera la forma originaria delle piante, lasciando essere le pietre, i colori, e tutti gli elementi così come sono naturalmente. Le rocce sono disposte a rappresentare montagne, cascate e paesaggi marini e il contrasto tra colline, prati e valli è dato dalle diverse specie di alberi e arbusti potati, tagliati e disposti in modi opportuni. Ci sono poi elementi strutturali come barriere, muri, ponti e strade che incorniciano il paesaggio e conducono il visitatore, guidandone la vista e l’esperienza secondo uno schema predeterminato.

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I giardini secchi

Nel Giappone antico il giardino era un luogo sacro, e per questo i giapponesi preferivano i giardini semplici e tranquilli a quelli sontuosi e vivaci.
I giardini più sacri, quelli dedicati alle entità divine o ad esse collegate (come l’imperatore), erano molto austeri e i templi e gli edifici principali spesso erano circondati da ghiaia. Si chiamano Karesansui Teien o giardini secchi, creati con pietre e ghiaia, seguendo l’insegnamento del buddhismo zen per creare paesaggi astratti, erano progettati per esplorare la coscienza attraverso la meditazione, non distratti dal paesaggio.

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I giardini con stagni

Un altro elemento sempre presente nei diversi giardini è l’acqua che caratterizza, specificatamente, i Chisen Teien o giardini con stagni. Ci sono due varianti che sono legate a un cambiamento nella società giapponese nel corso dei secoli.

  • Il Teien Chisen Shuyu, tipico del periodo Heian (794-1.185), aveva grandi stagni, ideali per le vacanze e per andare in barca
  • i Teien chisen Kaiyu erano giardini per le passeggiate e la contemplazione, la dimensione degli stagni venne ridotta, significativamente influenzata dal Buddhismo Zen, in particolare dopo il periodo Muromachi (1336-1573).

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A volte una pietra di grandi dimensioni, viene posta su una piccola isola, simboleggia il Monte Meru buddhista. Un altro tema comune è una coppia di elementi come le rocce, le isole o gli alberi che rappresentano una tartaruga e una gru, tradizionali simboli di longevità.

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Il simbolo delle carpe

Altro elemento necessariamente presente sono le carpe (koi) che decorano con i loro molteplici colori gli stagni dei giardini. Tipiche quelle con i colori dell’arancione, del giallo e del blu sono le “carpe di broccato” (nishikigoi) , figlie di incroci e mutazioni che le rendono particolarmente apprezzate e molto costose. L’allevamento a scopi puramente decorativi iniziò nel 1820 nella città di Ojiya ma poi l’interesse divenne nazionale, quando furono presentate nel 1914 all’esposizione annuale di Tokyo.
La carpa è un simbolo molto popolare e sta a significare coraggio, perseveranza e forza d’animo, specie per i giovani ed in maggio si appendono carpe in carta sui tetti od in cima a pali. E’ anche molto presente nei tatuaggi a simboleggiare il coraggio nell’affrontare tutto fino alla morte.

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I giardini Chaniwa

Ci sono poi i Chaniwa o piantagioni di the che vogliono favorire un clima di solitudine e permettere un isolamento totale dal mondo esterno. Gli elementi principali del chaniwa sono lanterne di pietra, pietre, ciotoli e, naturalmente, case da the, integrate nel giardino.

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I giardini collina

Infine i Tsukiyama o giardini-collina, sono costruiti su una collina artificiale che permette uno spazio tridimensionale, nascondendo alcuni punti di vista e la canalizzazione dei corsi d’acqua.
Erano particolarmente popolari durante il periodo Edo (1603-1868), dei samurai. Talvolta includono elementi di transizione tra l’edificio e il giardino, terrazze dove è possibile sedersi e contemplare il giardino.

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Anassimandro di Mileto, discepolo di Talete, per primo ardì disegnare su una carta la terra abitata: dopo di lui Ecateo di Mileto, viaggiatore instancabile, la perfezionò sì da farne un’opera mirabile. (Eratostene di Cirene)

Suggerimenti utili

 

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